Oceano Indiano una strada a 2 sensi

L’Oceano Indiano si estende in un arco gigante dall’Africa orientale all’Arabia, all’India, al Sud-Est asiatico e all’Australia. Dalla preistoria in poi, le persone che vivevano intorno alle rive dell’Oceano Indiano migrarono, raccoglierono la ricchezza delle risorse del mare, costruirono navi marittime, fecero e coltivano cose da usare e da commerciare con altri vicini e lontani.
Persone di molte religioni si riunirono, parlando molte lingue e praticando costumi diversi fianco a fianco, ma colmando le loro differenze per scambiare beni e idee tra loro su lunghe e brevi distanze.
L’Oceano Indiano è il più piccolo, geologicamente più giovane, e fisicamente più complesso dei tre principali oceani del mondo. Si estende per più 10.000 km. e, senza i suoi mari marginali, ha una superficie di circa 73.440.000 km quadrati.
La profondità media dell’Oceano Indiano è di 3.960 metri, e il suo punto più profondo, nella Fossa di Giava al largo della costa meridionale dell’isola ed è di 7.450 metri.
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Sommario dei contenuti
Oceano Indiano le origini
L’origine e l’evoluzione dell’Oceano Indiano è il più complicato dei tre principali oceani. La sua formazione è una conseguenza della rottura, iniziata circa 180 milioni di anni fa, del super Continente meridionale Gondwana.
Dal movimento a nord-est del subcontinente indiano, che iniziò 125 milioni di anni fa, avvenne lo scontro con l’Eurasia circa 50 milioni di anni fa.
Dal movimento occidentale dell’Africa e dalla separazione dell’Australia dall’Antartide, circa 36 milioni di anni fa, l’Oceano Indiano assunse la sua configurazione attuale. Quasi tutto il bacino ha meno di 80 milioni di anni.
I Litorali dell’Oceano Indiano
Diverse configurazioni costiere ben definite si trovano nell’Oceano Indiano. Di queste estuari, delta, paludi salate, paludi di mangrovie, scogliere, barriere coralline, lagune, spiagge e dune. Un sistema di estuario particolarmente importante è il complesso Hugli, formato da tre rami del fiume Hugli sulla baia del Bengala vicino a Calcutta.
Il Pakistan combina una delle coste più attive al mondo con il delta del fiume Indo largo 120 miglia (190 km), le pianure di fango e i rifiuti salati di cui spesso sono allagati. Il subcontinente indiano ha la più ampia area balneare praticamente più della metà della sua costa.
Le mangrovie si trovano nella maggior parte degli estuari e dei delta. I Sundarbans, la parte inferiore del delta del fiume Gange, contengono le più grandi foreste di mangrovie del mondo, e nel 1987 gran parte della regione è stata designata Patrimonio dell’Umanitàdall’UNESCO.
Le barriere coralline, sia in frange, barriera o forma di atollo, sono abbondanti intorno a tutte le isole dei tropici e si trovano anche lungo le coste meridionali del Bangladesh, Myanmar (Birmania) e India e lungo la costa orientale dell’Africa.

Le Isole dell’Oceano Indiano
Le isole infine di cui parleremo a lungo nei prossimi articoli. L’Oceano Indiano ha relativamente poche isole rispetto agli oceani Atlantico e Pacifico. Madagascar, la quarta isola più grande del mondo, le celeberrime Maldive, le Seychelles, Socotra e lo Sri Lanka sono frammenti continentali.
Le altre isole, tra cui Natale, Cocos, Farquhar, Principe Edoardo, Saint-Paule Amsterdam ed i gruppi Amirante, Andaman e Nicobar, Chagos, Crozet, Kerguelene Sunda. Le Comore, Mauritius e Reunion sono di origine vulcanica. Le Andamani e le Sunda sono sistemi di subduzione con la trincea sul lato oceanico dell’arco.
Ai viaggiatori di oggi le Isole dell’Oceano indiano accendono la fantasia e stimolano la ricerca di spazi inediti da aprire alla conoscenza o di scenari esotici in grado di regalare felicità.
Due continenti, Asia e Africa, condividono le meraviglie di questo oceano, prodigo di bellezza sopra e sotto il mare. Un forziere che nei secoli passati vide mercanti, pirati ed esploratori solcare queste acque spinti dal desiderio di ricchezza o di conquista, ma che diedero origine ad uno straordinario microcosmo etnico-culturale.
Clima e correnti
La prima zona climatica, che si estende a nord dalla latitudine di 10 gradi, ha un clima monsonico, caratterizzato da venti semestrali. Durante l’estate dell’emisfero settentrionale, periodo da maggio ad ottobre, la bassa pressione atmosferica sull’Asia e l’alta pressione sull’Australia provocano il monsone sud-occidentale.
Con velocità del vento prossime a 45 km all’ora ed una stagione umida nell’Asia meridionale, mentre durante l’inverno settentrionale, l’alta pressione sull’Asia e la bassa pressione da 10 gradi sud all’Australia settentrionale portano i venti monsonici nord-est e una stagione umida per l’Indonesia meridionale e l’Australia settentrionale.
Anche se il monsone sud-ovest ricorre regolarmente, è caratterizzato da una grande variabilità annuale nella data della sua nascita e la sua intensità, nessuno dei quali può essere previsto con precisione. Le dinamiche monsoniche sono collegate alle anomalie attuali di El Nino ed al modello atmosferico oscillante meridionale dell’Oceano Pacifico meridionale.
La regione è soggetta a cicloni tropicali distruttivi che si formano sopra l’oceano aperto e si dirigono verso la riva in una direzione generalmente verso ovest. Queste tempeste si verificano tipicamente poco prima e dopo le piogge monsoniche sud-occidentali. Le coste rivolte a ovest generalmente le più gravemente colpite.
Una di queste tempeste, il ciclone Gange-Brahmaputra nel novembre 1970, fu particolarmente devastante e uccise centinaia di migliaia di persone.
La seconda zona, quella degli alisei che alimentò i commerci, si trova tra i 10 e i 30 gradi. Lì, gli alisei costanti del sud-est prevalgono durante tutto l’anno e sono più forti tra giugno e settembre. Cicloni si verificano anche ad est del Madagascar tra dicembre e marzo.
Nella parte settentrionale della zona la temperatura dell’aria è in media di 25 gradi centigradi durante l’inverno meridionale da maggio ad ottobre, e leggermente più alta per il resto del tempo.
Le calde correnti oceaniche aumentano la temperatura dell’aria da 4 a 6 gradi centigradi nella zona commerciale occidentale oltre a quella nella sua parte orientale. Le precipitazioni diminuiscono da nord a sud.

Le correnti come strade
Il regime delle correnti oceaniche sopra l’oceano Indiano si sviluppa tra la costa dell’Africa orientale e quella dell’Australia occidentale. La grande corrente dei mari del Sud, da sud del Capo di Buona Speranza, continua nella sua direzione verso est, nella fascia compresa fra i 40° e i 50° di latitudine sud.
Tale corrente, poco ad est del meridiano 80° est, devia leggermente verso est-nord/est e le acque, che incontrano il continente australiano, cominciano a flettere verso nord, originando la corrente della costa occidentale Australiana.
Questa corrente, salendo verso nord, all’altezza dei 20°-15° di latitudine sud, forma la calda corrente sub-equatoriale indiana che tende a dirigersi verso ovest, dall’area delle isole Cocos verso le coste orientali del Madagascar. Anche nell’Oceano Indiano, come negli altri oceani della Terra, all’altezza dell’equatore geografico, scorre la cosiddetta controcorrente equatoriale.
Questa nell’Oceano Indiano tende a spingere masse d’acqua molto calde e trasparenti, dalle Seychelles fino alle coste occidentali dell’isola di Sumatra. La calda corrente sub-equatoriale si suddivide, a sua volta, in due diversi rami, diretti verso sud. Il primo ramo tende a muoversi verso il tratto di oceano a sud-est delle isole Reunion.
Il secondo ramo invece tende a spingersi verso le coste dell’Africa orientale, all’altezza della Tanzania, formando a sua volta la famosa corrente del Mozambico e la corrente di Agulha. Quest’ultima corrente è molto famosa e si distingue per la sua notevole velocità che può raggiungere picchi di oltre i 4-5 miglia/orarie, davanti le coste del Sudafrica orientale.
In determinate condizioni, questa corrente cosi violenta, quando incontra una serie di grandi onde, di verso opposto, che risalgono dall’Oceano Indiano meridionale. Agendo da freno in profondità rallenta la loro velocità di propagazione, generando gigantesche ondate, piuttosto ripide, che possono rappresentare una grave minaccia per la navigazione marittima nel tratto di oceano a largo delle coste sudafricane.
Inversione di rotta
Durante la stagione estiva, invece, il Monsone di SO, determina l’inversione della corrente sopra citata, creando una intensa corrente diretta verso est, che poi piega verso sud-sud/est al di sotto della costa del Malabar.
La velocità di questa corrente monsonica, raggiunge i massimi picchi di velocità, arrivando a toccare le 6 miglia/orarie, tra le coste meridionali dello Sri-Lanka e la costa della Somalia. Proprio davanti la costa somala la corrente la corrente che risale da SO arriva a superare punte di oltre le 6 miglia/orarie.
Queste correnti oceaniche, appena elencate, avrebbero un ruolo fondamentale nell’influenza della macchina climatica planetaria, ed in particolare nello sviluppo di quei grandi fenomeni atmosferici, come “El Nino”. Difatti l’Oceano Indiano rappresenta il vero motore della complessa macchina climatica del nostro Terra.
Proprio da qui si sviluppano quelle grandi onde atmosferiche che spostandosi sopra l’oceano Pacifico vanno ad influenzare il clima planetario. Il sole, riscaldando in modo costante i vasti spazi di mare aperto dell’oceano Indiano fa evaporare nell’atmosfera enormi quantità d’acqua, sotto forma di vapore acqueo.
Quando parte di quest’acqua evaporando nell’atmosfera si condensa creando le nuvole e la pioggia, rilasciando una grande quantità di calore che fa di queste aree il principale motore che spinge la circolazione atmosferica planetaria.

Oceano Indiano la strada
L’Oceano Indiano è terra, anzi acqua, di confine tra le immensità dell’Asia e l’Africa. E’ sempre stato, nella Preistoria e nella Storia, un ponte liquido di cultura e commercio.
Sulle sponde dell’Oceano Indiano, ad est e ovest, si sono sviluppate le più antiche civiltà conosciute, nelle valli del Nilo in Africa e in quelle del Tigri, dell’Eufrate e dell’Indo in Asia. In nessuna area del mondo, così come negli arcipelaghi dell’Oceano Indiano, è così visibile l’interconnessione di genti asiatiche e africane.
Probabilmente fu durante il primo millennio d.C. che gruppi di persone parlanti lingue austronesiane attraversarono l’Oceano Indiano e si insediarono nel Madagascar e negli arcipelaghi vicini.
Si spiega così la presenza di gente e cultura creola, di tradizioni e lingue simili a quelle malesi e indonesiane, in un suggestivo mix di culture.
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